18/02/12

No Fun

"Se Cristo fosse morto sulla sedia elettrica, tutti i cristiani girerebbero con una sediolina al collo"
(Serge Gainsbourg)


Toccare il fondo. Esperienza incredibile di un viaggio chiamato vita. Cercare di tirarsi su. E non riuscirci, perchè il fondo è ormai lì a un passo.
Toccare il fondo. Accorgersi di non farcela più. Toccare il fondo non è una scritta su una maglietta: è il destino di ogni uomo e donna, prima o poi. E’ questa l’ironia di tutta la merda che ci sforziamo di fare.
Dove andremo a finire? Io non lo so, ma so che sarà un posto che tende al punto più basso della terra.
Toccare il fondo non è un hobby. E’ un lavoro lento e difficoltoso, inconscio e non voluto. E’ un lavoro su cui si deve continuare per anni.
Toccare il fondo vuol dire raggiungere uno stato definito. Vuol dire guardarsi un attimo al centro di un delirio di un delirio di droga e rendersi conto delle proprie condizioni. E riderci sopra. Avere una donna, denaro per comprare tanta merda inutile, credere di amare e pensare di non esserlo…
Questo non ha importanza. L’importante è riconoscere la propria condizione, vuol dire fermarsi e capire di avere sbagliato tutto.
Toccare il fondo vuol dire fumare sigarette disperate ad un’ora imprecisata della notte e chiedersi cosa vogliamo fare delle nostre fottute esistenze.
Toccare il fondo non è una ricerca zen. E’ l’unica ricerca che è possibile ai giovani occidentali del ventunesimo secolo.
Toccare il fondo significa morire mille morti e scoprire di essere vivi la mattina dopo: una sorpresa di cui avremmo fatto volentieri a meno.
Toccare il fondo non significa non poter scendere più in basso: significa soltanto che si è pronti a sprofondare nell’altro emisfero…il destro!
Toccare il fondo vuol dire vedere la vita da un punto di vista totalmente diverso: vuol dire capire il non senso dell’esistenza umana.
Toccare il fondo significa stare in quattro in una stanza senza parlare, perchè ogni parola sarebbe assolutamente inutile. Dov’è la strada che ci riporterà verso l’alto? Persa tra le terrificanti ombre del nostro inconscio.
Toccare il fondo vuol dire sedersi davanti ad un monitor acceso pur essendo in condizioni penose, per sfogare confessioni ad una macchina che non potrà mai capirci. Sono troppo in basso anche per deprimermi. Il fondo non è un posto deprimente, è il posto dove non c’è più nulla. Il limbo dei disperati. A cosa serve tutto questo? Ci sbattiamo a seguire un sistema che ci odia: abbiamo seguito Dio per secoli credendo che ci amasse… Quale ironia venire a sapere che non gli stiamo più così simpatici da quando gli abbiamo ucciso l’unico figlio… Inni di disperati.
Toccare il fondo. Senza un motivo preciso. Solo stupide facciate del nostro prenderci per il culo. Se essere sinceri con se stessi fosse la via per la salvezza, avremmo trovato un altro modo per lasciarci scivolare sempre più giù, perchè la sincerità verso noi stessi ce la siamo lasciata alle spalle, se mai l’avevamo avuta…
Ecco come toccare il fondo.
Volere dormire ed estraniarsi dagli altri. Toccare il fondo, con un rumore sordo e ovattato. Punf! Perchè non riusciamo a dormire con la merda che ci circola nelle vene, e non sopportiamo gli altri perchè non abbiamo nemmeno la forza di pensare a noi stessi.
Ecco la vera vita.
Sdraiarsi per terra con un viaggio costruito dai neuroni più drogati del nostro cervello, mentre “The passenger” di Iggy Pop ci gira per la testa come una ninna nanna insegnataci dai popoli di Atlantide prima della loro scomparsa nelle acque schiumose dell’oceano.
Dov’è il fondo? Non accorgersi di averlo appena toccato con forza. Essere troppo pazzi per vivere ancora. Essere troppo pazzi per morire di nuovo. A culo tutto. Cerchiamo di risalire, a respirare aria pura. A scegliere con veemenza la vita.
“Oh, the passenger He rides and he rides He sees things from under glass He looks through his windows eye He sees the things he knows are his He sees the bright and hollow sky He sees the city asleep at night He sees the stars are out tonight And all of it is yours and mine And all of it is yours and mine Oh, lets ride and ride and ride and ride…”
da qui grazie
Kamita!
Niagara!

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