01/01/12

Klaus Krazy Kinski

Klaus Krazy Kinski
Omaggiamo quell'imprevedibile, ringhioso e sulfureo personaggio che è stato Klaus Kinski, capace di colpi di genio alternati a momenti di assoluta follia, penetrante e indimenticabile istrione che ha solcato i palcoscenici e le immagini in celluloide per oltre quarant'anni. Dotato di un'impressionante energia distruttrice/creatrice è stato un notevole caratterista, rigorosamente in ruoli negativi, in molto cinema di genere poliziesco (Paga o muori di Vohrer 1964 etc), spaghetti western (Per qualche dollaro in più di Sergio Leone, Quien Sabe? di Damiano Damiani, Il grande silenzio di Sergio Corbucci etc), thriller (La morte ha sorriso all'assassino di Aristide Massacesi, La bestia uccide a sangue freddo di Fernando Di Leo, Nella stretta morsa del ragno di Antonio Margheriti etc), erotico (Les Fruits de la Passion di Shuji Terayama, Madame Claude di Just Jaeckin etc) horror (Il conte Dracula di Jess Franco, Venom - La pelle di Satana di Piers Haggard etc), fantascienza (Android di Aaron Lipstadt etc); poi valorizzato dal genio di Werner Herzog, che gli ha donato personaggi eterni (Aguirre, Woyzeck, Nosferatu, Cobra Verde, Fitzcarraldo) e lo ha meravigliosamente raccontato, rendendogli finalmente giustizia, nel suo documentario Kinski, il mio nemico più caro. Si fece anche regista per lo scult Paganini, veramente indifendibile pasticcio sgangherato, sporco e forse sperimentale. Una carriera, fuori misura e fuori fuoco, cavalcata con sprezzante disprezzo, a metà strada tra la prostituzione artistica per esigenze alimentari e il lampo della grandezza assoluta. Esordì al cinema ne I morituri di Eugene York (1948) e da allora ne interpretò tanti altri, fino a collezionare oltre 150 apparizioni, sempre amando ripetere che "far cinema significa solo far soldi!". Lavorò con alcuni grandi tra cui Anatole Litvak, David Lean, Roberto Rossellini, Douglas Sirk, Billy Wilder, Sergio Leone, Andrzej Zulawski e Werner Herzog, ma anche con i super-scult Nando Cicero, Sergio Garrone, Mario Gariazzo e Augusto Caminito ed ebbe il coraggio di rifiutare ruoli per Federico Fellini, Steven Spielberg e per la mitica casa di produzione Hammer. Una vita veramente cinematografica la sua, solcata da traumi (prigionia in campo di concentramento, ricovero in età adolescenziale in manicomio), risse, orge e scellerate provocazioni ed in cui le sue interpretazioni vengono ad essere lo specchio del suo agire quotidiano. In Klaus Kinski si assiste ad un'affascinante e totale compenetrazione e simbiosi tra vita e arte e tra realtà e rappresentazione. La sua arte, certo al limite del patologico, poi, come ben ha detto Herzog, riusciva però a raggiungere la verità estatica della recitazione e questo già da solo è più che sufficiente per perdonargli le smisurate intemperanze. Da ricordare infine la sua delirante autobiografia Kinski: All I need is Love che, in preda ad un furore di purificazione gettai in un cassonetto, senza leggerla, qualche anno fa.

"Non ho interpretato un film su Hitler perchè, a parte il fatto che non penso sia molto interessante, sarei stato assai meglio di Adolf Hitler. Avrei recitato i suoi discorsi molto meglio di lui...questo è sicuro."
(Klaus Kinski)

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