02/01/11

Morte all'orecchio di Van Gogh (Piero Bargellini)

Morte all'orecchio di Van Gogh
di Piero Bargellini (1968 ITA 65')
Un viaggio, il mio viaggio nel cromaottofilmico attraverso strutture sensibili nel simultaneo emulsione-supporto per stimoli reattivi di cadenza luce, tra fuoco-assorbimenti-diaframma rapporti tra retina-focale, stroboscopica visione per variazioni variate di otturazioni e il colore si espande e si accende. Il selettivo, filtro meraviglioso di quantità-qualità ora densità ora velatura ora spessore, la cromomania! Rivela un altro senso O sdoppiamento di immagine-retina zone erogene erotizzate per mediazione del RealePresente nel presente è l’inevitabile inevitato in ogni rapporto. (P. Bargellini)
Estratti di una falsa(ta) intervista
...prima voglio fare una dichiarazione, anzi due.
La prima: il cinema è luce. La seconda: ho visto poco dell'underground americano, ma ho letto molto, e quindi...me lo immagino.
Amo il cinema hollywoodiano come lo ama Godard come lo ama Warhol come lo ama Jerry Lewis...Il découpage di Morte all'orecchio di Van Gogh - il titolo è quello di una poesia di Ginsberg detta nel film - è classico (=tradizionale=convenzionale); l'oggetto è al centro dell'inquadratura: io filmo il sole, un cortile, vetrine, una bambina, nello stesso modo in cui una volta Lumière filmava il treno che entra in stazione. Volevo verificare le capacità di impiego dell'8mm. "Usare" la cinecamera, la pellicola, le ottiche, il compendium. In breve il film è soltanto questo. La parola "sperimentale" è troppo impegnativa, io dico "cinema di ricerca", nel senso di studio: ricerca sulle possibilità tecniche del mezzo. Il presupposto è imparare che cosa si può fare con lo strumento che si usa: mettersi al suo servizio, farsi usare, filmare come lui vuole e non viceversa; parafrasando Godard: il partito preso della cinepresa (da Cinema underground, a cura di Sirio Luginbuhl)
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