16/08/10

L'ultimo uomo della terra (Ubaldo Ragona)

L'ultimo uomo della terra
di Ubaldo Ragona & Sidney Salkow (1963 ITA 86')
Piccolo amaro gioiello dell'horror nostrano (noi Scaglie lo proiettammo nel marzo 2000), tratto dal capolavoro di Richard Matheson Io sono leggenda e illuminato da un'intensa interpretazione di Vincent Price e da una fredda e spettrale fotografia di Franco Delli Colli. L'attore riesce a rendere compiutamente tutta la desolazione di un'anima tragicamente rassegnata a vivere in un mondo apocalittico in cui l'intera umanità si e' estinta, colpita da un'epidemia veicolata da un misterioso germe trasportato dal vento. Gli esseri umani sono stati trasformati in non morti (a metà strada tra gli zombi e i vampiri), che si nutrono di sangue, sono ciechi e non sopportano l'aglio, gli specchi, le croci e la luce del sole. Le deprimenti giornate del protagonista, un affermato scienziato di nome Morgan (immune all'epidemia perché in passato morso da un pipistrello), da tre anni si susseguono ripetitive ed egli si comporta come un automa facendo fronte sempre alle medesime problematiche: procurarsi cibo, aglio, specchi e benzina prima che venga il tramonto; fabbricare paletti in frassino e perlustrare i quartieri della città alla ricerca di non morti da impalare e poi bruciare in una fossa comune. Il problema spesso e' tornare prima del tramonto, momento in cui gli zombi/vampiri si risvegliano assetati di sangue fresco e gli assediano la casa con estremo furore, arrivando anche a chiamarlo per nome, memori della loro vita passata. La vita del protagonista diventa così quella di uno sterminatore sull'orlo della follia, tormentato sia dalle urla e dalle scorrerie dei non morti che dai laceranti ricordi della vita passata. Numerose le sequenze che si imprimono nella memoria: tra cui quelle girate in un desolato Eur romano disseminato di cadaveri, poi le durissime sequenze del flashback in cui autocarri dell'esercito prelevano gli infetti per portarli al rogo e infine la scena geniale in cui un isterico Price ascolta sul giradischi musica jazz, mentre fuori dalla casa impazza l'inferno. Un barlume di speranza si ha nel film quando il protagonista intercetta un cane, ma l'esame microscopico del sangue di quest'ultimo mostrerà implacabilmente l'infezione in atto e Morgan dovrà provvedere all'ennesimo doloroso sacrificio. Sul finale lo scienziato verrà adescato da una donna mandata da una piccola comunità di superstiti, che hanno scoperto una forma di vaccino immunizzante transitorio, creando così una nuova razza, intermedia tra gli esseri umani e i non morti. Questa comunità di semi-vivi ha un'estrema paura dello scienziato, poiché questi nelle sue scorribande diurne ne ha già uccisi un buon numero scambiandoli per i non morti, ed è decisa ad eliminare la minaccia proveniente dall'ultimo uomo della terra, per dare così il via ad una nuova civiltà. Lo scienziato sul finale ha un'illuminazione sul possibile vaccino per il germe, ma la rabbia dei semi-vivi lo travolge. Dopo aver subito uno straziante martirio, finirà giustiziato sull'altare di una chiesa, mentre esclama "Fermi! io posso salvarci tutti!", è LUI ora il mostro, il diverso. E qui il film scopre le sue carte disvelandosi come imitatio christi e mostra come le speranze per l'umanità in piena guerra fredda siano veramente inesistenti. Non dimentichiamoci poi che dal germe di questo film e dal romanzo di Matheson prenderà vita, da lì a poco, il sovversivo filone degli zombi di Romero...

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