25/06/09

Rapporto Confidenziale Numero 15

RAPPORTO CONFIDENZIALE. rivista digitale di cultura cinematografica


NUMERO15 | GIUGNO'09

free download 10,1mb | 5,0mb | ANTEPRIMA

EDITORIALE di Alessio Galbiati

L’impressione è di aver dato alla luce un numero davvero interessante. La quasi totalità dei contributi proposti tratta d’argomenti poco noti, marginali, emarginati, in cerca della giusta ricompensa alla propria qualità. Questo è senz’altro uno scoglio difficile da affrontare per il lettore poco curioso, che nell’informarsi cerca solo conferme a ciò che gli è noto, rifuggendo quel che ancora non è capitato sulla sua strada. Una delle idee principali di Rapporto Confidenziale è quella di trattare ciò di cui nessuno (o quasi) parla, perché per il resto avete a disposizione quintali di carta stampata e terabyte di informazioni online. Il nostro consiglio è dunque quello di lasciarvi coinvolgere ed incuriosire, magari andando a recuperare per gli occhi (e la mente) ciò di cui abbiamo scritto.
L’utilizzatore ultimo sei tu!
Anche noi – come sostiene l’avvocato Ghedini – non ti chiediamo alcun esborso economico per tutto questo, se però vorrai, ricordati che è possibile sostenere attraverso una donazione l’indicibile quantità di ore dedicata a far sì che Rapporto Confidenziale continui ad esistere gratuitamente.

Buona lettura.

SOMMARIO
04 La copertina. Lorenzo Vecchio
05 Editoriale di Alessio Galbiati
06 Brevi. appunti sparsi di immagini in movimento di Alessio Galbiati e Roberto Rippa
07 Jim Jarmusch’s The Limits of Control di Kathie Smith
09 LO SCHERMO NEGATO Contre toute espérance di Roberto Rippa
10 LINGUA DI CELLULOIDE Il marchese del Grillo cineparole di Ugo Perri
12 Il cinema della mente. Alcune osservazioni su Las Meninas di Velázquez di Luciano Orlandini
13 Che cosa sono le nuvole? di Luciano Orlandini
15 CINEMAHACKING Intervista a Paolo Gioli di Claudia D’Alonzo
Paolo Gioli. filmografia 18
20 IL VIDEOCLIP. Breve storia d’una forma breve di Maria Spezzacatene
30 Viaggio nel catalogo Malastrada. Capitolo primo: Una Ballata bianca di Stefano Odoardi di Alessio Galbiati
32 IL LEGNO, LA CRETA, IL BUFALO E LA RAMAZZA ovvero: L’immagine dell’lavoro di Lorenzo Vecchio
37 SECONDI POSTI IN PIEDI Troppo nude per vivere. The Centerfold Girls, un classico scomparso del cinema slasher, torna in circolazione di Roberto Rippa
40 QUELLA SPORCA DOZZINA. DODICI DOMANDE A... Luca Ruocco redattore di Indie.Horror.it di Alessio Galbiati
con le recensioni di: House of Flesh Mannequins di Giulio De Gaetano 43 Il mondo dei cattivi di Luca Ruocco 43
44 Serenata Calibro 9. Pilot, il primo album di Acusmatic Group di Roberto Rippa
Intervista a Romeo Sandri e Michele Berselli di Roberto Rippa 46
49 ABDICAZIONI Dell’a-bile travaso: ‘i begli occhi del ladro’. FINZIONI, Su Tristan Corbière di Luca Salvatore
51 www.rapportoconfidenziale.org

12/06/09

Videodrome (David Cronenberg)

VIDEODROME
di DAVID CRONENBERG
CANADA - 1983 - COL.
Durata:90' (Italiano)
con James Woods, Deborah Harry,
Sonja Smits, Peter Dvorsky

Videodrome rappresenta il “manifesto” del cinema di Cronenberg, un film anomalo, soggetto alle più disparate interpretazioni e scioccante come un’allucinazione.
Uno dei rarissimi film, distribuiti nel circuito commerciale, capace di esprimere e tradurre visivamente angosce e paure dell’uomo moderno, temi che la letteratura ha già conosciuto nelle pagine di William Burroughs o di Franz Kafka.
Il film racconta la storia di Max Renn, comproprietario di una piccola rete televisiva : la CIVIC TV. Per sopravvivere questa rete privata deve dare ciò che i grandi networks non possono offrire perché legati da vincoli morali e politici : sesso, violenza, sentimentalismo e sociologia da supermercato. Proprio ricercando questo tipo di programmi Max Renn si imbatte in Videodrome, frequenza pirata iperviolenta, che mostra scene di sesso deviato e violenza gratuita. Max ne rimane subito come ipnotizzato, respinto ma anche malsanamente attratto, divenendone completamente dipendente. Proprio a questo livello si cela una delle grandi intuizioni di Cronenberg, che penetra il pubblico, lo spettatore, e ne comprende il bisogno di evasione, l’amara reiterata mancanza di soddisfazione e il flirtare nichilistico col dolore (per provare che si può ancora sentire qualcosa), nonché l’estremo senso di spiazzamento che comporta il rendersi conto di tutto ciò. Se uno ci pensa, sono le stesse tematiche che si ritrovano in Crash, film che ha spiazzato ed irritato il pubblico (e di contro deliziato i critici meno rincoglioniti) proprio per i motivi appena detti.
Sia ben chiaro che Cronenberg non rifiuta la modernità tecnologica e mass-mediale, ma comprende la necessità che lo spettatore cambi in modo radicale di fronte a ciò che vede. Qui il regista coglie, con molto anticipo, la tendenza - divenuta poi evidente in tutto il mondo occidentale - a sussumere il reale attraverso ciò che ci è mostrato dalla televisione. Si sta perdendo la capacità e l’abitudine al controllo critico e alla verifica delle immagini. Videodrome ce lo ricorda, andando contro la società dell’Oblio (professor O’Blivion nel film) di Massa. Solo con la formazione di una Nuova Carne, noi come Max Renn (Renn-Renaissance-Rinascita) potremmo reimpossessarci della nostra visione critica. Uno dei mezzi per difenderci è senz’altro il cinema, l’unico strumento che consente di vedere la televisione “da un altro punto di vista”, dall’esterno, e quindi di non restare dipendenti dalla sua logica virale.
Un altro elemento che determina la grandezza di questo film sta nella lucidità con cui visualizza i processi di contaminazione fra l’organico e l’elettronico (fondamentali per il movimento Cyberpunk), mostrando un apparecchio televisivo che diventa carne e un corpo di carne che funziona come un videoregistratore.
Videodrome affronta anche il drammatico problema (ma rimosso dalla ipocrita coscienza cattolica generale) degli “snuff movies”. Un mondo dove la morte diventa forse l’ultima spiaggia delle sollecitazioni fisico-sessuali, la morte in diretta, con violenza e pornografia che si mescolano creando, paradossalmente, un altro genere, informe e letale. Contro ciò, Cronenberg pone il muro del religioso, del senso puro della razionalità rarefatta, del Credo Assoluto : “Sono la videoparola che si è fatta carne. Morte a Videodrome e gloria e vita alla Nuova Carne”.
Il film, comunque, solleva domande e ci colpisce senza darci il tempo di capire, non si lascia afferrare, è sfuggente ed il finale non è chiuso né aperto, ma un buco nero che tutto ingloba e che non ammette tentativi di razionalizzazione.
Bravissimi i due attori protagonisti, qui al loro meglio. Tra le tante trovate geniali merita di essere ricordata la “Cathode Ray Mission”, una chiesa catodica dove, nel film, frotte di mendicanti si affollano per ricevere la loro dose quotidiana di televisione.

"L'arte è sovversiva perché fa appello all'inconscio. Non sono un freudiano, ma credo nell'equazione "civiltà uguale repressione". L'arte è a favore di tutto ciò che viene represso. Quindi è contro la civiltà, contro la società con le sue norme stabilite. Più un film è collegato con l'inconscio, più è sovversivo. Come lo sono i sogni."
(David Cronenberg)

07/06/09

La sparatoria (Monte Hellman)

La Sparatoria
(The Shooting)
di Monte Hellman
U.S.A. 1967 col. 82'
con Warren Oates, Millie Perkins,
Jack Nicholson, Will Hutchins.b

Cult-movie misconosciuto, rimasto ai margini dei normali circuiti di distribuzione.
Il film è giunto in Italia solo nel '78 sulla scia del successo internazionale di Jack Nicholson, che qui interpreta la parte del killer Billy Spear. L'ambientazione e la struttura del film sono quelle tipiche del western, ma le tematiche affrontate travalicano il genere. Infatti psicologie e conflitti sono quelli tipici del Kammerspiel, “ richiamando addirittura Beckett e il teatro della crudeltà” .
La storia è tratta da un racconto di Jack London e sceneggiata da Carol Eastman (poi collaboratrice di Bob Rafelson). Vi si assiste ad un inseguimento strano, enigmatico, ad un'estenuante marcia nel deserto...il tema del viaggio, caro alla cultura americana, è visto però, in questo film, come un tentativo impossibile di uscire dal vuoto dell'esistenza. Lo stile di regia di Hellman è estremamente lapidario e realistico rendendo bene la durezza di una verità fisica di ambienti, natura e personaggi. Però l'attenzione maniacale per il dettaglio e per il tocco simbolico dà al film un tono di surrealtà, di assoluto, in cui si insinua un'idea di assurdo esistenziale. Il destino dei personaggi è emblematizzato dall'incontro nel deserto, nel quale un uomo è lasciato morire con in mano un gioco di pazienza.
Il finale enigmatico (a voi la vostra interpretazione) è la degna conclusione di un film geniale, insolito e molto personale.
Monte Hellman, per risparmiare, ha girato questo film contemporaneamente ad un altro western Ride in the Whirlwind (Le Colline blu) con più o meno gli stessi attori.
In questo periodo il regista, indipendente e girovago, faceva parte della factory di Roger Corman (vero e proprio talent scout del cinema americano) con cui ha girato un altro cult Two-Lane Blacktop. In seguito è stato "eliminato" dai produttori (nella sua vita ha girato solo 6 o 7 film!!!) colpevoli, così, di avere soffocato un autentico talento del cinema americano.

01/06/09

Death don't have no mercy

Last blues, to be read
some day

'T was only a flirt
you sure did know -
some one was hurt
long time ago.

All is the same
time has gone by –
some day you came
some day you'll die.

Some one has died
long time ago –
some one who tried
but didn't know.
(11 Aprile 1950 Cesare Pavese)