18/05/09

The Harder they come (Perry Henzell)

The Harder They Come
di Perry Henzell
(1971 Giamaica 98’)


Questo film, misconosciuto e sottovalutato in Italia, rappresenta il primo lungometraggio interamente giamaicano distribuito nelle sale di tutto il mondo. In realtà ha avuto un’esistenza difficile e randagia, più volte bandito e sequestrato perché incoraggiava occupazioni e rivolte da parte dei neri giamaicani. Ebbe visibilità solamente nel circuito americano di mezzanotte, come cult movie, ed in questa veste venne proiettato per ben 7 anni al mitico Cinema Orson Welles a Cambridge (Massachusetts), inoltre rimase per ben 127 settimane al Cinema Elgin (il principale del circuito di mezzanotte americano). Fu il film che introdusse negli Stati Uniti la gioia e l’eccitazione propri della musica reggae, rispettandone lo spirito con il quale era nata, di protesta sociale a favore dei neri (in questo analoga al rap dei primi anni ’80).
Il film è basato sulla vita e la leggenda di Rhygin, un fuorilegge ed eroe popolare giamaicano degli anni ’50. La sua storia è mescolata e fusa con l’esperienza personale del cantante reggae Jimmy Cliff, che nel film interpreta il protagonista, ragazzo di campagna che arrivato in città a 14 anni venne ingannato e sfruttato dai discografici di Kingston (all’epoca del film Cliff era già emigrato in Gran Bretagna).
Il film si potrebbe definire un musical neorealista, ma anche un gangster film d’avanguardia, un “agit prop” chiaramente un po’ rozzo e povero nello stile, ma impregnato di un coraggio, un’intelligenza, uno humor ed una vitalità assai rari nel cinema contemporaneo (un film che si può dire affine è stato L’odio di Mathieu Kassovitz).
Il messaggio che Cliff ripete nel film è che preferisce essere un uomo morto piuttosto di dover vivere come uno schiavo (sfruttato ed oppresso in continuazione e da tutti) o un burattino (nelle mani di una società bianca violenta e neo-colonialista). Il titolo del film, a questo proposito, è un incitamento alla rivolta ed in italiano si può rendere come “più grosso è, più fa botta quando cade”.
Il film sia nella storia (polizia che ricerca un criminale, poi tradito dalla propria ragazza) che nello stile ricorda Fino all’ultimo respiro, il capolavoro di Jean Luc Godard.
Due le sequenze memorabili, quella dove Jimmy Cliff suona il reggae in chiesa ed il finale dove attraverso un montaggio alternato Cliff rivive la scena del film Django di Sergio Corbucci (quella nella quale Franco Nero estrae a sorpresa dalla bara, che si porta sempre dietro, una mitragliatrice e uccide centinaia di nemici) e affronta caparbiamente la polizia uscendo dal suo nascondiglio, in una chiusura romantica e simbolica al tempo stesso.

“Soltanto una cultura della fame, minando le sue stesse strutture, può superarsi qualitativamente : e la più nobile manifestazione culturale della fame è la violenza.....Un’estetica della violenza, prima di essere primitiva è rivoluzionaria, ed è qui il punto di partenza per far capire al colonizzatore l’esistenza del colonizzato.”
(Glauber Rocha)

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