28/05/09

The Grandmother (David Lynch)

THE GRANDMOTHER
di David Lynch
U.S.A. 1970 34’
con Richard White, Dorothy Mc Ginnis,
Virginia Maitland, Robert Chadwick



Quello del primo Lynch è cinema di pura avanguardia, affascinante e complesso e questo cortometraggio, a mio parere, ne rappresenta l’espressione più definita.
In quanto è reso più comprensibile lo stile ermetico ed oscuro del suo capolavoro, Eraserhead, ma vi è anche la genialità visionaria tipica di Lynch, che nelle opere successive a questi due cult-movie sarà sempre più centellinata.
Il tema di fondo di questo film è la famiglia vista però come sorgente di oppressione, angoscia e tensioni. Il protagonista è un ragazzino adolescente, in smoking e con un trucco bianchissimo (un incrocio tra Pinocchio ed un pierrot), e i suoi due genitori animaleschi e violenti.
La pulsione sessuale nell’universo claustrofobico del film deve essere rimossa, per questo il padre punisce selvaggiamente il ragazzino quando scopre una sua polluzione notturna (rappresentata da un enorme disco arancione sulle lenzuola). Il ragazzino è così costretto a crearsi un “altrove” mentale, simboleggiato dalla nonna, che prende vita da un mucchio di terra e un seme fischiante posti dal ragazzino sul letto (luogo classicamente deputato alla procreazione) e innaffiati di continuo. La nascita, nella mente repressa del ragazzino, è esclusivamente vegetale (all’inizio anche i due genitori si sono visti nascere dalla terra).
La nonna per Mike, il ragazzino, sarà l’unico elemento di conforto in un ambiente ostile, ma l’inesorabile e triste realtà riprenderà presto il sopravvento, cancellando per sempre l’illusione d’affetto cullata dal protagonista. La nonna tra mille sofferenze morirà e il ragazzino, sconvolto e disperato, dovrà rassegnarsi ad accettare la sua condizione o in alternativa crearsi un’altra via di fuga.
Le scene d’animazione (procreazioni bio-meccaniche, decapitazioni, smembramenti...), realizzate dallo stesso Lynch, intervallate alla narrazione hanno la funzione di accentuare, rafforzando, certi stati d’animo o situazioni.
Da notare l’uso geniale del suono che, spesso, non coincide con le immagini eccedendole o troncandosi improvvisamente.
Pura poesia visiva l’inquadratura del bacio tra il ragazzino e la sua nonna.

“I miei film sono spesso violenti, duri, non lo nego. Ma è il compito di un film :
fare sentire qualcosa. Profondamente.
Un’abitudine che si va perdendo, purtroppo. Quando un film è forte, la gente ha immediatamente una reazione di rigetto, perché questa forza fa loro paura. In TV invece si vedono continuamente uomini morire assassinati, ma la scena è asettica : la vittima cade per terra, ed ecco una pubblicità di deodoranti. I telespettatori allora pensano che uccidere, in fondo, sia una cosa facile, pulita e per niente malvagia”
(David Lynch)

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