21/11/08

Stalker al Clan Destino di Faenza

Stalker al Clan Destino di Faenza
Domenica 23 Novembre ore 21.30
Stalker
di Andrei Tarkovsky (1979 URSS/RFT 163')

Film di genere fantascientifico per la trama, ma il cui svolgimento lo fa trascendere i limiti cinematografici e appartenere ai grandi capolavori dell'ingegno umano. Racconta del lento e profondo viaggio catartico compiuto all'interno della Zona, dove le tre diverse concezioni della vita dei protagonisti si scontrano e si mettono in discussione. Quando il cinema si fa opera d’arte e assume la complessità propria dei testi di filosofia: la Zona è un insieme di trappole e trabocchetti, tutti mortali...la Zona non fa passare né i buoni né i cattivi, ma gli infelici. Che si avverino i loro desideri, che possano crederci e che possano ridere delle loro passioni... e ciò che chiamiamo passione, in realtà, non è energia spirituale, ma solo attrito tra l'animo e il mondo esterno. E soprattutto che possano credere in sé stessi e che diventino indifesi come bambini, perché la debolezza è potenza e la forza è niente. Quando l'uomo nasce è debole e duttile, quando muore è forte e rigido così come l'albero. Rigidità e forza sono compagni della Morte...debolezza e flessibilità esprimono la freschezza dell'esistenza, ciò che si è irrigidito non vincerà...

“Ogni artista nel corso della sua permanenza sulla terra trova e lascia dopo di sé una particella di verità sulla civilizzazione, sull'umanità. Il concetto stesso di ricerca è oltraggioso per un artista. Assomiglia alla raccolta di funghi in un bosco. Forse ne troveremo o forse no. Picasso diceva addirittura: "io non cerco, trovo". A mio parere, l'artista non procede affatto come un ricercatore, egli non agisce empiricamente in nessuna maniera ("proverò a fare questo, tenterò quest'altro"). L'artista dà una testimonianza sulla verità, sulla sua verità del mondo. L'artista deve essere certo che egli e la sua creazione rispondono alla verità. Io rifiuto il concetto di esperimento, di ricerca nella sfera dell'arte. Qualsiasi ricerca in questo ambito, tutto ciò che chiamano pomposamente "avanguardia" è semplicemente menzogna.”

“Nessuno sa che cos'è la bellezza. L'idea che la gente si fa della bellezza, il concetto stesso di bellezza, mutano nel corso della storia assieme alle pretese filosofiche e al semplice sviluppo dell'uomo nel corso della sua vita personale. E questo mi spinge a pensare che, effettivamente, la bellezza è il simbolo di qualcos'altro. Ma di cosa esattamente? La bellezza è simbolo della verità. Non dico nel senso della contraddizione "verità/menzogna", ma nel senso di cammino di verità, che l'uomo sceglie. La bellezza (si intende quella relativa!) ha nelle diverse epoche testimoniato del livello di consapevolezza, che gli uomini di una determinata epoca hanno della verità. Ci fu un tempo in cui questa verità aveva l'aspetto della Venere di Milo. Ne consegue che l'intera collezione di ritratti femminili, diciamo, di un Picasso non ha, a rigor di termini, la minima relazione con la verità. Ma qui non parliamo della capacita di attrazione né di qualcosa di carino - parliamo della bellezza armonica, della bellezza nascosta, della bellezza in quanto tale. Picasso, invece di celebrare la bellezza, si é comportato come il suo distruttore, il suo detrattore, il suo sterminatore. La verità, manifestata dalla bellezza, è enigmatica; essa non può essere né decifrata né spiegata con le parole, ma quando un essere umano, una persona si trova accanto a questa bellezza, si imbatte in questa bellezza, sta di fronte a questa bellezza, essa fa sentire la sua presenza, almeno con quei brividi che corrono lungo la schiena. La bellezza è come un miracolo, del quale l'uomo diventa involontariamente testimone. Tutto qua.”

“Mi sembra che l'essere umano sia stato creato per vivere. Vivere nel cammino verso la verità. Ecco perché l'uomo crea. In una certa misura l'uomo crea nel cammino verso la verità. Questo è il suo modo di esistere, e l'interrogativo sulla creazione ("Per chi gli uomini creano? Perché essi creano?") è senza risposta. Effettivamente ogni artista non soltanto ha una sua concezione sulla creazione ma ha anche un suo modo personale di interrogarsi su cio'. Questo si collega a quanto io adesso dico sulla verità, alla quale noi tendiamo, alla quale contribuiamo con le nostre piccole forze. Un ruolo fondamentale gioca qui l'istinto, l'istinto del creatore. L'artista crea istintivamente, egli non sa perché proprio in quel momento fa una cosa oppure un'altra, scrive proprio di questo, dipinge proprio questo. Soltanto dopo egli comincia ad analizzare, a trovare spiegazioni, a filosofeggiare e giunge alle risposte che non hanno nulla in comune con l'istinto, col bisogno istintivo di fare, creare, esprimere sé stesso. In un certo senso la creazione è rappresentazione dell'essenza spirituale nell'uomo ed è la contrapposizione all'essenza fisica; la creazione è in un certo senso la dimostrazione dell'esistenza di questa essenza spirituale. Nell'ambito delle attività umane non c'è nulla che sarebbe più inutile, più senza scopo, non c'e nulla che sarebbe più a sé stante della creazione. Se si esclude dalle attività umane tutto quanto attiene al raggiungimento del profitto, rimarrà soltanto l'arte.”

“Nel senso più alto di questo concetto, la libertà, soprattutto nel senso artistico, nel senso della creazione, non esiste. Sì, l'idea della libertà esiste, è una realtà nella vita sociale e politica. In diverse regioni e paesi gli uomini vivono avendo più o meno libertà; ma vi sono note testimonianze che dimostrano che nelle più orribili circostanze ci sono stati uomini che hanno avuto un'inaudita libertà interiore, un mondo interiore, nobiltà. Mi sembra che la libertà non consista nella qualità della scelta: la libertà è una condizione dello spirito. Per esempio, si può essere socialmente, politicamente, completamente "liberi" e non di meno morire per la sensazione di precarietà, di oppressione, di mancanza di futuro. Per cio che concerne la libertà della creazione, di questo non si può assolutamente discutere. Senza di essa non può esistere una sola arte. L'assenza della libertà deprezza automaticamente l'opera d'arte, poiché questa assenza impedisce a chi viene per ultimo di rivelarsi nella forma migliore. L'assenza di questa libertà porta a che l'opera d'arte, nonostante la sua esistenza fisica, non esista di fatto. Nella creazione dobbiamo vedere non soltanto la creazione. Purtroppo, nel XX secolo appare predominante la tendenza secondo la quale l'artista-individualista, invece di tendere alla creazione dell'opera d'arte, se ne serve per evidenziare il proprio "io". L'opera d'arte diventa manifestazione dell'io del suo creatore e si trasforma, possiamo dire, in megafono delle sue minime pretese. Questo vi è noto meglio che a me. Ne ha scritto molto Paul Valery. Al contrario, il vero artista, e a maggior ragione il genio, appaiono schiavi del dono che distribuiscono. Essi sono legati da questo dono agli uomini, al cui nutrimento spirituale e al cui servizio sono stati scelti. Ecco in cosa consiste per me la libertà.“
(dichiarazioni di ANDREI TARKOVSKY)

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