16/10/08

Rapporto Confidenziale - numero otto

Rapporto confidenziale - numero otto
Rivista digitale di cultura cinematografica
A Saragozza, oltre al tradizionale pianista, ogni sala aveva il suo explicador, cioé un uomo che, in piedi, di fianco allo schermo, spiegava a voce alta l'azione. Diceva per esempio: "Adesso il conte Hugo vede passare sua moglie a braccetto con un altro uomo. E adesso vedrete, signore e signori, ecco che apre il cassetto della scrivania per prendere la rivoltella e assassinare la moglie infedele".
Il cinema introduceva una forma di racconto talmente nuova, talmente insolita, che la stragrande maggioranza del pubblico faticava parecchio a capire cosa succedeva sullo schermo, e come si potessero concatenare gli avvenimenti da una scena all'altra. Noi ci siamo abituati inconsciamente al linguaggio cinematografico, al montaggio, alle azioni simultanee e successive, perfino al flashback. Ma allora, il pubblico stentava a decifrare un nuovo linguaggio.
(Luis Buñuel)
Le piccole sale stanno inesorabilmente chiudendo i battenti e il pubblico cinematografico attuale è ormai quello dei multiplex...
Il sovraccarico di immagini in movimento (e non) da cui siamo quotidianamente bombardati impone la necessità di fermarsi e trovare il tempo di riflettere...

EDITORIALE di Alessio Galbiati

Fare il cinema, in questa epoca - nella quale ci accingiamo ad incominciare a vivere e della quale presto comprenderemo la premonizione che fu l’epoca nostra (1) - diverrà sempre più complesso e per questo necessario. L’epoca della riproducibilità tecnica dell’opera d’arte ormai giunta all’epifania del dispiegarsi del proprio potenziale rende alla portata di molti (mai tutti!) l’armamentario tecnico (appunto) per l’edificazione dell’immagine in movimento. Il nuovo cinema italiano è campione del budget minimale, i nuovi (centomila?) autori dovrebbero (ma in realtà già lo fanno e pure da qualche decennio) andare là dove si insegna a fare il cinema a tenere simposi sull’esperienza accumulata (ma quali sono davvero i luoghi dove si impara a fare il cinema?). Fare un film è, oggi più che mai, il miracolo della raccolta dei fondi necessari per fare il film. Spesso l’impegno è talmente gravoso che da mezzo per il raggiungimento d’un fine, la raccolta fondi diviene essa stessa il fine. In buona sostanza c’è bisogno di soldi, quantomeno un sistema di credito agevolato, magari (!) privato. Privato dal viscido paternalismo ministeriale, il cinema può tornare ad essere libero mercato di emozioni e saperi? La realtà, al solito sorprendente, ci racconta che un cinema completamente libero esiste ed è talmente vivo da mettere in discussione il presunto idillio d’un epoca mitica ormai perduta, che poi così libera non è (quasi) mai stata. La prima vera rivoluzione fu il Super-8, qui da noi fu Grifi fra i primi a comprenderlo (ma anche mio padre non si lasciò sfuggire da sotto il naso la possibilità di riprendere matrimoni, viaggi di nozze e cresime), al mondo invece lo fece capire Abraham Zapruder con la sua preistorica Bell&Howell Zoomatic Director Series otto millimetri modello 414 PD (2). Ad esser più precisi la rivoluzione fu opera della Kodak che, nel ‘65, introdusse il formato fornendo ad una cifra assai più ragionevole del 35mm miliardi di km di pellicola pronta per essere impressionata. A quel punto la realtà fu per la prima volta davvero a portata d’un numero assai più vasto d’esseri umani. E’ un peccato che non esista una “Storia del cinema amatoriale”, sarebbe una lettura fantastica, cercherei il capitolo dedicato ai “viaggi di nozze” e cercherei la sezione dedicata a Venezia per sapere in che modo la città sia stata ripresa e di quanto il cinema, quello con la ‘c’ maiuscola, abbia condizionato questo modo di mettere in scena la realtà. Oggi il digitale apre la possibilità di fare cinema ad un numero ancor maggiore di individui, ma i problemi sembrano sempre gli stessi.

La libertà è mettere sempre qualsiasi cosa in discussione e questo esercizio proviamo a farlo pure noi, nel nostro piccolo, inaugurando la seconda fase di Rapporto Confidenziale. Con il numero otto, che segue l’enorme sforzo dello speciale uscito in settembre e dedicato alla 61° edizione del festival del film di Locarno, ricominciamo la cadenza mensile delle nostre pubblicazioni cercando di divenire sempre più chiari al lettore, compatti nella struttura e gradevoli alla vista per cercare di “professionalizzare” il più possibile questo progetto che vorremmo indistinguibile da fratelli maggiori assai più danarosi. In questo numero troverete al solito parecchie chicche cinéfile, c’è un articolo dedicato a quell’oscuro e mitico attore che è stato Lon Chaney come pure due recensioni di pellicole dirette dal dimenticato Tod Browning. Inauguriamo poi una sezione dedicata a quei film ingiustamente precipitati nell’oblio della memoria: “Detour à la raison” è il nome che abbiamo scelto. Un nome che gioca con il leggendario film di Elgar G. Ulmer, sommo esempio di qualità celata all’interno d’una produzione di serie B. Ma parliamo anche di David Lynch e della sua perturbante sit-com malata dedicata ai conigli. Buttiamo anche l’occhio ai film nelle sale, a quelli popolari (Burn After Reading) ed a quelli invisibili (Haiti Chérie), che facciamo parlare direttamente perché ci piace l’idea di concepire RC come spazio aperto alla produzione indipendente italiana. In questa direzione c’è uno speciale dedicato alla malastrada.film, piccola casa di produzione e distribuzione siciliana che abbiamo il piacere di presentarvi con dovizia di particolari. C’è poi il report del Volcano Film Festival, manifestazione della quale siamo stati media partner e che anche in questo numero vi raccontiamo attraverso una lunga intervista al suo direttore artistico.

Un’ultima cosa prima di lasciarvi alla lettura, con il numero otto inauguriamo anche un nuovo modo di concepire la copertina di RC. Abbiamo infatti pensato che fosse una cosa interessante e piacevole dare carta bianca per la sua realizzazione ad un artista ogni volta differente. Ad ottobre la firma è quella di Maurizio Giuseppucci, un artista che utilizza il cinema come dato manipolabile. Del resto anche noi di Rapporto Confidenziale facciamo lo stesso.

Buona lettura.

note. (1) Scrivo in giorni di crack borsistici durante i quali editorialisti pluri-laureati di mezzo mondo scrivono d’un nuovo ventinove. (2) Dice wikipedia.

Free Download
ALTA QUALITA' 10,2 mb

BASSA QUALITA' 6,3 mb

"L'imbroglio finanziario che presiede ai grandi film commerciali è scandaloso. Il novantanove per cento dei film girati non meritano queste spese enormi. il denaro è contro l'arte, l'eccesso di mezzi tecnici sono contro l'arte. Tutte le decadenze artistiche hanno origine nell'arricchimento. E' difficile essere ricchi. Il cinema rischia di morirci." (Fernand Léger 1881- 1955)

"Perché mai il cinema deve essere considerato un'industria? Se il cinema morirà, sarà proprio perché era arte, era cultura, e l'hanno cacciato a forza tra i profitti e perdite." (Robert Altman 1925 - 2006)

"Fare film vuol dire soltanto una cosa: procurarsi i soldi per rendere vivi i tuoi sogni." (Alan Rudolph 1943 - ?)

"Qualcuno sostiene: "Al cinema è stato fatto tutto".
Il cinema è immenso.
Non è stato fatto niente."
(Robert Bresson 1901 - 1999)

Nessun commento: