10/08/08

The Gilgames' Tale

The Gilgames' Tale
di Heriz Bhody Anam (2008 ITA 32')

“The Gilgames' Tale” è la libera trasposizione, in chiave moderna, di un poema epico assiro-babilonese, scritto in caratteri cuneiformi su tavolette d'argilla, che risale a circa 4500 anni fa, riguardante la storia e le avventure dell'eroico Gilgameš. La saga, ora custodita al British Museum, narra le gesta di un valoroso re sumerico, e del suo lungo viaggio alla ricerca dell'immortalità. La sua profetica storia esplora gli eterni dilemmi umani sul significato della vita e della morte. Gilgameš non è solo il primo eroe di cui si ha memoria nella storia scritta dell'umanità, ma è anche il primo eroe tragico, il cui smarrimento di fronte alla caducità della vita è comune a tutto il genere umano, sia del passato che, probabilmente, del futuro. L'opera si svolge con una tale ampiezza di respiro e drammaticità che, da tempo, la critica letteraria ha elevato la saga di Gilgameš al rango di altre composizioni divenute prezioso patrimonio dell'umanità quali l'Iliade, l'Odissea, la Divina Commedia e il Faust di Goethe.
Il mediometraggio tratto dalla saga è opera di Heriz Bhody Anam, per quanto riguarda le riprese e le animazioni, e di Antonio Gramentieri, per quanto riguarda le musiche. L'ispirazione per l'affascinante trasposizione è scaturita dalle sollecitazioni di un vibrante viaggio, fatto dai due, dall'Italia verso il deserto dell'Arizona, con una breve sosta in Francia. Successivamente al film è nata una coinvolgente performance dal vivo riguardante l'epopea di Gilgameš, da eseguire attraverso 12 (come le tavolette della saga) video montati dal regista in tempo reale e suggestivamente musicati dal vivo dal collettivo MUD.
A questo proposito risultano utili le parole del regista: “la performance si concentra sul viaggio di Gilgameš alla ricerca dell'immortalità. Dopo la morte dell'amico Enkidu, atterrito dalla prospettiva della morte, Gilgameš intraprende la sua ricerca della vita eterna. Decide quindi di trovare Utnapishtim, l'equivalente mesopotamico di Noè, unico uomo a cui gli Dei hanno concesso l'immortalità. Il viaggio poco a poco trasforma Gilgameš. Gli incontri e il paesaggio lo portano ad un mutamento di prospettiva che gli fa accettare una diversa consapevolezza del divenire”. Il progetto, originale e audace, ha colpito l'immaginario di diversi musicisti d'oltreoceano, tanto che la colonna sonora del film può vantare la straordinaria partecipazione di Marc Ribot (chitarrista di Tom Waits), di alcuni componenti dei Calexico (John Convertino e Jacob Venezuela), di Howe Gelb (Giant Sand), James Chance, Bill Elm (Friends of Dean Martinez) e di diversi musicisti nostrani, tra cui alcuni componenti dei Sea of Cortez (Mirko Monduzzi, Massimo Sbaragli, Diego Sapignoli) e, in veste di narratore, di John De Leo (Quintorigo).
Della saga originaria sono stati mantenuti intatti i passaggi principali, ambientandola però ai giorni nostri, tra paesaggi desertici e centri commerciali, svelando come il valore universale del messaggio sotteso sia tuttora di stringente attualità: “la storia di Gilgameš è giunta a noi attraverso diverse fonti, diversi siti, diversi linguaggi, dal protosumerico all'accadico, dal babilonese all'ittita. Ho voluto rendere questa diversità di linguaggi e provenienze fornendo fonti diverse di narrazione...il video, il disegno, la fotografia...come a ricreare i frammenti...uniti dal commento musicale a formare una forma di rappresentazione unica”.
Film complessivamente suggestivo, denso di simboli, che viene ad essere sospeso tra passato e futuro, tra morte e sopravvivenza, nella consapevolezza che i moderni feticci hanno probabilmente preso il sopravvento sui loro artefici. Nel film, vera e propria opera di confine, sfilano in sequenza timori ancestrali dell'essere umano, ma anche numerosi monumenti di una civiltà ormai in decomposizione, poco prima del Diluvio. Emerge sottilmente la dialettica conflittuale tra natura e storia in una sorta di meditazione, per immagini e musica, intorno alla caducità dell'esistenza, intorno al mistero della vita e della morte.
Colpiscono le parti girate in riva al mare, eterno lido del mondo, dove giocano i bambini e recitano poesie i poeti in cambio del seno di una ragazza sconosciuta, prima della fine e dopo la fine. Uno strano solare luogo di confine tra essere e non essere, tra terra e mare, tra smarrimento e ricerca, da cui la vita è uscita e in cui sembra voler rientrare. L'acqua nel film, come nella vita, ha una duplice valenza, riporta all'origine da un lato ed è distruttiva dall'altro. Per quanto riguarda la musica, Stefania Mazzotti scrive: "sonorità rarefatte in cui i suoni si insinuano come da lontano, da un tempo mitico da cui emerge tutta l'irrequietezza della ricerca di Gilgameš, le sue vittorie, i suoi sogni, i desideri e le sconfitte, ma anche la spinta al viaggio, all'esplorazione del nuovo, alla conquista di nuovi obiettivi per arrivare alla consapevolezza e alla saggezza".
Musica e immagini la fanno quindi da padrone, nella consapevolezza che la parola attualmente è muta, non è più in grado di comunicare nulla, al massimo può essere considerata come una specie di sfarfallio sonoro dell'inconscio.

Di colui che vide tutto io voglio narrare al mondo.
Di colui che conobbe ogni cosa, tutto io voglio raccontare.
Egli andò alla ricerca dei Paesi più lontani e raggiunse la completa saggezza.
Egli vide cose segrete, scoprì cose nascoste,
riferì delle storie dei tempi prima del Diluvio.
Egli percorse vie lontane, finché stanco e abbattuto si fermò.
E fece incidere tutte le sue fatiche su una stele di pietra.

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