28/06/08

Downtown 81

Downtown 81
di Edo Bertoglio (1981 USA 75')
con Jean Michel Basquiat, Deborah Harry, David McDermott, Kid Creole & the Coconuts, Eszter Balint, Victor Bockris, Clem Burke, Marshall Chess, Diego Cortez, August Darnell, Jimmy Destri, Lori Eastside, Tay Falco, Vincent Gallo, Bradley Field, John Lurie, Walter Steding, Tav Falco, Fab Five Freddy, Compton Maddux.

Docufiction girato dal fotografo Edo Bertoglio tra il 1980 e il 1981, con protagonista un ancora sconosciuto Jean-Michel Basquiat, rivoluzionario artista, successivamente celebre per la sua street art, spirituale e trasgressiva, che ha contribuito a materializzare definitivamente in immagini la caduta dei sistemi ideologici e filosofici, tipica del mondo contemporaneo.
Il film, ambientato in un unico giorno vissuto tutto d'un fiato, è incentrato sul girovagare attraverso New York di un ragazzo di colore con la sua inseparabile tromba, appena dimesso dall'ospedale (nella realtà Basquiat fu investito in auto e ricoverato malmesso a sette anni) e ora alla ricerca del denaro necessario per recuperare l'appartamento da cui è stato appena sfrattato (per morosità), avendo difficoltà nel vendere uno dei suoi quadri. Questo ragazzo, che recita proprie poesie e disquisisce sulla ”letteratura al neon”, si fa chiamare Samo ("Same Old Shit"), considera il mondo un'immensa lavagna e si diverte a graffittare i muri dei palazzi con frasi enigmatiche, ironiche, ma illuminanti, veri e propri esempi di scrittura automatica poetica. Il suo girovagare per le strade di Manhattan (la zona è quella del Lower East Side) ci permette di immergerci nell'underground newyorchese dell'epoca e di incontrare parecchi personaggi: tutti assorbiti nel tentativo di esprimere un proprio originale messaggio attraverso svariati mezzi espressivi, principalmente la pittura e la musica. Da questo punto di vista, Downtown 81 riflette l'immagine fedele del suono di New York, catturato nei primi anni Ottanta. Compaiono nell'ordine: i DNA, band capitanata dall'eclettico Arto Lindsay, filmati mentre provano in studio una versione lancinante di Blonde Redhead. Deborah Harry (Blondie) si diverte nel ruolo della fatina buona, che regala a Samo una valigia piena di denaro. James White (and the Blacks) è alle prese con una versione indemoniata di Sex Maniac, suonata live al leggendario Peppermint Lounge. I Tuxedomoon di Steven Brown sono concentrati in sala di registrazione, mentre The Felons, scalcinato gruppo punk, capitanati da Chris Stein (Blondie) sono immortalati mentre suonano in una squallida cantina. E poi, ecco apparire Kid Creole, ancora immerso nei bassifondi, ben lontano dal successo planetario che lo investirà da lì a poco. In colonna sonora poi abbiamo John Lurie, i Suicide, Lydia Lunch, Vincent Gallo, Melle Mel, Kenny Burrell, e la band di Basquiat i "Grey". Un'amalgama di punk viscerale, rumorismo, jazz, funk sincopato e musica sperimentale ci assale, facendoci rivivere un'irripetibile stagione di straordinaria ricerca e fermento. Il film viene così ad essere una eccezionale testimonianza dell'epoca, catturando splendidamente i suoi colori, i suoi vestiti e i suoi suoni.
Altro grande merito del film è quello di essere una testimonianza dello straordinario movimento graffitista newyorchese, dove il graffito sul muro viene a rappresentare un collegamento tra l'archetipo primitivo e l’immagine tecnologica, tra linguaggio pubblicitario e fumetto, tra pittura e cinema.
A partire dal 1978 Jean-Michel Basquiat con alcuni compagni d'avventura comincia a riempire i muri di Manhattan con scritte provocatorie, tutte firmate con la sigla SAMO. Nel 1979 il gruppo, per evitare problemi con le autorità, si scioglie annunciando la decisione con un graffito "SAMO IS DEAD". Basquiat, come si vede nel film, invece continua solitario e imperterrito a scrivere aforismi beffardi sul mondo che lo circonda. Un'arte quella dei murales che ha il pregio di raggiungere, in maniera diretta, le persone con un notevole potenziale di influenzare e trasformare le idee della collettività (basti pensare a quanto siamo bombardati dalla pubblicità cartellonistica). E infatti Keith Haring nel 1979 notò i graffiti e divenne istantaneamente sodale di Basquiat. Questa forma artistica diretta e rivoluzionaria permise, in pochi anni, a Basquiat di essere, partendo dalla povertà assoluta in cui lo vediamo arrabattarsi nel film, il primo e unico artista di colore a riuscire ad entrare, con grande successo, nel mondo artistico internazionale.
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“Vedevo le scritte sui muri, erano mie. Ho lasciato la mia impronta sul mondo e il mondo ha lasciato la sua su di me. Sono uno scrittore ma a volte mi sembra che qualcuno abbia scritto me...forse mi sono scritto da solo. La vita è così: scrivere, scrivere, riscrivere” (Jean Michel Basquiat nel film)

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