08/05/08

The Addiction

The Addiction
di Abel Ferrara (1995 USA 82')
con Lili Taylor, Annabella Sciorra, Christopher Walken

L'ontologia del male nella storia...devastante capolavoro al termine della notte, creato da Abel Ferrara e Nicholas St. John (dodici anni di lavoro sulla sceneggiatura...), incentrato sul vampirismo come metafora di un mondo, non dissimile da quello contemporaneo, che non ha praticamente più nessun'altra forma di relazione che non sia quella del divorarsi e dello sbranarsi vicendevolmente. Il ritratto di un'umanità allucinata dove gli esseri umani sono praticamente ridotti ad alberi sanguinanti in attesa del giudizio finale, fatidico momento in cui potranno impiccarsi ai propri stessi rami. Un'umanità barbara che si è dannatamente sforzata di vivere al di là del bene e del male (vi ricorda qualcosa?), dimenticandosi della storia e delle nefandezze del passato, forse perchè l'essere umano non è malvagio per via del male che fa, ma è portato a fare del male proprio perchè è intrinsecamente malvagio.
Non c'è possibilità di fuga perché il libero arbitrio porta inevitabilmente sulla strada del male: la vampira lascia la sua vittima libera di andarsene dicendogli "guarda il peccato in faccia e digli di andarsene con fermezza e convinzione", ma quasi nessuno se ne va (solo un predicatore per strada riesce a rifiutare).
A tal proposito l'addiction (la dipendenza) del titolo è parte integrante della natura dell'organismo umano, anche perchè sopperisce ad una duplice funzione, da una parte soddisfa lo stimolo continuo che scaturisce dalla propensione al male, dall'altra parte ottunde magicamente la percezione, in modo da rendere evanescente la coscienza e diminuire l'autoconsapevolezza del nostro stato. A tal punto l'esistenza diventa ricerca di sollievo dal vizio, ma beffardamente il vizio è l'unico sollievo che possiamo trovare. Le biblioteche non sono altro che cimiteri zeppi di pietre tombali e la filosofia si riduce a sterile propaganda in quanto tende continuamente a cambiare l'oggetto in base alle proprie esigenze contingenti...ciò che rimane fondamentale è il nostro impatto sugli altri ego...nel film estremizzato dalle scintillanti immagini dell'orgia cannibalica in occasione della festa di laurea. Il cinema di Ferrara e St. John è perennemente e meravigliosamente incentrato sul rapporto tra uomo e fede, sulla correlazione tra vizio e riscatto, sul peccato e la possibilità di redenzione e questo film non fa eccezione.
Ma qui la fatalità dell'autodistruzione che emerge è quasi soffocante e il vampirismo non è un trastullo fine a sé stesso, anzi è proprio l'allegoria perfetta per il perverso meccanismo fondante della nostra società: chi morde si conficca nella carne dell'altro trascendendo la carne stessa, chi viene morso desiste ad una violenza soverchiante.
Captiamo contemporaneamente l'aggressività e la lassità tipiche delle forme ancestrali di sessualità, insite nel caleidoscopio dell'erotismo, fin dentro la morte. Il film, estremo e morale, non fa sconti. Proprio per questo se non si percepisce la corrispondenza tra il lampo dell'orgasmo e quello della dissoluzione, si corre il rischio di non riconoscere il nucleo pulsante, sensuale e illuminante da cui origina la pellicola.
Girato a New York in soli venti giorni, con una fotografia in un bianco e nero livido e contrastato, è un prodigio di essenzialità, memorabilmente interpretato da due mostri sacri come Lili Taylor e Christopher Walken/Peina e intensificato dalle musiche di Joe Delia.

"I'm the resurrection"

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