19/10/07

L'enigma di Kaspar Hauser

L’enigma di Kaspar Hauser
di Werner Herzog
(1974 Rft 109’)

Magica ed affascinante allegoria sulla necessità di ritrovare una percezione del mondo incontaminata, sulla possibilità di un nuovo vedere e sentire e pensare senza essere guidati da pregiudizi e monolitica razionalità, sulla necessità di occupare uno spazio anche se da questo ci si sente respinti. Il film è ambientato a Norimberga nel 1824 ed è ispirato ad un fatto reale, quello del giovane Kaspar, che dopo aver passato tutta la sua vita segregato in una cella viene misteriosamente liberato in una piazza, ragazzo selvaggio incapace di parlare e di comunicare con gli abitanti “civilizzati”. In questo incontro/scontro emerge la difficoltà (o impossibilità) per chi sente in modo autonomo di comunicare in un mondo di linguaggi rigidamente codificati, inoltre risalta anche l’agghiacciante e subdola violenza con cui la società cosiddetta civile è pronta ad accogliere la diversità. Geniale l’idea di Herzog di fare interpretare Kaspar da un vero alien(at)o: Bruno S., realmente analfabeta, dopo un’intera esistenza passata tra riformatori e manicomi viene ad essere l’uomo nuovo capace di mettere a nudo tutte le false certezze e le contraddizioni della nostra società grazie alla sua peculiare sensibilità, che gli permette di vedere e sentire senza poi aver la presunzione di organizzare rigidamente il tutto. Le esitazioni, gli sforzi che ne conseguono nel parlare, concentrarsi, muoversi, finiscono con l’adattarsi perfettamente al personaggio Kaspar, che a questo punto non è più solo un’idea, ma un volto ed un corpo reali. Grazie a tutto questo Herzog riesce a mostrare una sorta di prima visione delle cose, proprio come se fosse la prima volta che si aprono gli occhi per vedere come è fatto il mondo. Per menti libere.

“Il nuovo fascismo non sfila nelle strade ma sta seduto nei tinelli e nei posti di lavoro ; si annida nei cervelli della gente e costituisce per così dire un avallo allo sfruttamento dall’alto. Questo fascismo non ha ancora raggiunto l’acme. Ma è particolarmente pericoloso perché conduce alla più totale indifferenza verso i soprusi e le violenze che accadono sotto i nostri occhi.”
(Alexander Kluge)

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