19/10/07

Dillinger è morto

DILLINGER E’ MORTO
di Marco Ferreri
1969 ITA 95’
con Michel Piccoli, Annie Girardot,
Anita Pallenberg, Carole André,
Gino Lavagetto, Adriano Aprà.

Due parole su Marco Ferreri, regista e uomo anarchico, iconoclasta, ferocemente antiborghese, colpevolmente ignorato o “rimosso” dalla cultura di “terrazza” del nostro paese, proprio perché egli non accorda e mai ha accordato alcun valore o rispetto alle idee che provengono dall’ideologia dominante. E perciò “non è uno scrittore di pamphlet, i suoi film non sono proclami, né contengono messaggi : si limita a rappresentare personaggi fuori del comune in situazioni eccezionali, con il più gran distacco e la maggiore oggettività possibili. Ma in questa forma filmica, perfettamente neutra, il contenuto intellettuale e morale dei suoi film è ancora più esplosivo.”
"Dillinger è morto" cresce durante la crisi ideologica del ’68 ed è costruito quale risposta nichilista e distruttiva verso le rifondazioni ideologiche che in quel periodo erano sorte.
Ferreri si contrappone al metodo “rivoluzionario” di Godard, che ricercava la distruzione del modo attuale di fare cinema attraverso la produzione di una quantità illimitata di film, con un certo capitale ed un certo linguaggio. Per Ferreri, invece, “la rivoluzione si fa facendo la rivoluzione, non facendo film. Forse è meglio fare invece di una cattiva opera rivoluzionaria, un’opera negativa al massimo, un’opera che voglia distruggere. Dillinger non è certo un film positivo, è un film negativo, perché abbastanza tragico. Però è, nonostante tutto ancora un film borghese per i borghesi. Non abbiamo con il pubblico un dialogo rivoluzionario. Il cinema sta diventando forse ancora più del teatro un prodotto per ghetti culturali. Insomma il cinema è razzista, e basta. Il nostro cinema è un cinema di bianchi per i bianchi, che poi non lo capiscono : è il più grande razzismo possibile. Non serve ai gialli, non serve ai neri, non serve a nessuno.
Uno dei rari esempi di cinema d’avanguardia fatto in Italia, percorso da un irresistibile bisogno di liberazione da una vita abitudinaria ed oppressiva, dove alienazione-straniamento e follia sono la condizione inevitabile dell’essere umano.
Il linguaggio cinematografico usato da Ferreri è strabiliante, in quanto l’intero film è strutturato come se fosse costituito da un unico piano-sequenza. I temi trattati sono molteplici : la nostra assurda vita quotidiana, il cibo, il sesso, il crimine e la fuga anarchica ed impossibile da tutto questo. “E’ un film sul vuoto, sull’erotismo e sul cinema. Il vuoto perché non succede nulla ; o meglio, ciò che succede è destinato a ripetersi all’infinito come asseriscono la nuova donna incoronata con i gioielli, o il finto tramonto/happy-end cinematografico che segna l’inutilità della fuga. L’erotismo è ciò che procede dall’insonnia dell’ingegnere (il protagonista) : il momento diverso, la cucina, rituale erotico sostitutivo dell’Altro, e l’assassinio. E il cinema è la possibilità di abbandonare il senso ; l’immedesimazione con l’immagine (l’ingegnere che si immedesima e rivive i film in superotto delle vacanze) e il vuoto, l’erotismo e la cucina assieme.”

“Esistono speranze. Speranze di rivoluzione, di cambiamento ed io stesso ho terminato uno dei miei film (Dillinger...) con un orizzonte tutto rosso, ma sono convinto che queste speranze non sono nella civiltà, nei valori che ci vengono imposti,
ma che piuttosto bisogna cercare negli uomini, nell’umanità più autentica, profonda, degli esseri umani.”
(Marco Ferreri)

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